Thunderbolts*

Alla luce dei risultati degli ultimi anni, che sono stati in calo rispetto al successo garantito del pre “Avengers Endgame”, viene naturale chiedersi se siamo stanchi dei cinecomic. A guardare con attenzione i dati, però, si nota che questi alti e bassi tendono al positivo quando il titolo c'è, quando l'interesse torna ad accendersi per diversi motivi. Se infatti “The Marvels” e l'ultimo Captain America non hanno fatto faville al botteghino, il saluto ai Guardiani della Galassia di James Gunn è stato accolto con favore, per non parlare dell'ottimo risultato di “Deadpool e Wolverine” la scorsa estate. E allora forse non siamo stanchi dei cinecomic in senso assoluto, ma di quelli che sembrano essere lì solo per fare numero. Ma se l'idea c'è, se il film incuriosisce, ecco che si torna al cinema. E potrebbe essere il caso di “Thunderbolts*”. Lo ammettiamo subito: della lista di titoli annunciati qualche anno fa non era il più atteso, non era quello da far saltare il pubblico per l'hype, eppure notizia dopo notizia, immagine dopo immagini, fino al primo teaser e gli ultimi trailer, questo gruppo di insoliti perdenti di casa Marvel ha stuzzicato la nostra curiosità ed è stato capace di accendere i riflettori sul film che li racconta. Al punto che ci è capitato più volte di pensare: i Thunderbolts potrebbero essere una sorpresa. E lo è stata, una sorpresa!
l gruppo di personaggi Marvel raccontato in “Thunderbolts*” comprende Yelena Belova, Bucky Barnes, Red Guardian, Ghost, Taskmaster e John Walker. Cosa hanno in comune? Qualcuno potrebbe dire antieroi, ma non sarebbe la definizione corretta, perché si tratta piuttosto dei derelitti dell'MCU, i perdenti, i disadattati della situazione. Emarginati e disillusi, incastrati in una situazione che sa di trappola da parte di Valentina Allegra de Fontaine, costretti ad affrontare una missione che li mette faccia a faccia con i demoni del loro passato. Riusciranno a superare i vincoli delle loro individualità e costruire qualcosa di cui far parte? Un insieme che possa essere più solido e forte della somma delle loro singole parti? O finiranno per implodere e soccombere alle difficoltà? Figure problematiche che possono essere i primi nemici di se stessi, ma che nel nuovo film Marvel, il trentaseiesimo del Marvel Cinematic Universe, dovranno vedersela anche con un antagonista del calibro di Sentry.
Quel che è sicuro è che almeno sullo schermo il gruppo funziona. Merito di un cast già rodato nell'Universo Marvel, ma che trova finalmente lo spazio che merita, senza dover stare all'ombra dei grandi eroi della situazione: Florence Pugh è una magnifica Yelena Belova, che funge da catalizzatore del senso generale del film e del percorso di questi personaggi insieme a David Harbour e il suo Red Guardian; allo stesso modo torna a brillare Sebastian Stan nei panni di Bucky Barnes, un personaggio che avrebbe meritato da sempre più spazio per come è scritto e per il valore aggiunto che l'attore sa donargli. Non sono da meno Wyatt Russell, Olga Kurylenko e Hannah John-Kamen, anche se è minore lo spazio, sia in senso stretto che dal punto di vista emotivo, a loro disposizione. È forse uno dei difetti del film, a volerne identificare, insieme a un primo atto che impiega un po' a ingranare: non tutti i personaggi hanno lo stesso cammino, non tutti hanno la stessa costruzione compiuta di Yelena, Red Guardian e Bucky, ma quello che colpisce è che questa volta avviene a favore degli antagonisti, che lasciano il segno a differenza di altri titoli Marvel che difettavano da questo punto di vista: la Valentina Allegra de Fontaine di Julia Louis-Dreyfus ha il giusto mix di autorità e durezza, mentre la new entry Lewis Pullman riesce a trasmettere sensazioni diverse, a volte opposte, con grande disinvoltura, dando al suo personaggio uno spessore su cui poter costruire anche per il futuro.
Se con i Guardiani della Galassia la Marvel ci aveva portati sul piano cosmico, allontanando la loro ironia e il loro approccio dissacrante in un contesto diverso da quello delle vicende terrene dell'MCU, con “Thunderbolts*” ci troviamo davanti a un'operazione diversa, che sembra nascere come progetto a sé, per riunire alcuni personaggi che avrebbero meritato più spazio rispetto a quello trovato nei film in cui erano comprimari. Il valore aggiunto è di averlo fatto con una storia che parte come outsider al pari dei suoi protagonisti, ma viene inserita con gusto e intelligenza nel flusso principale del Marvel Cinematic Universe. Ma se per alcuni titoli recenti i collegamenti alla trama base del racconto condiviso finivano per essere gli unici motivi di interesse, in questo caso sono quel tocco in più che resta alla fine di un viaggio che funziona a prescindere da essi, tra buona e solida azione, ironia intelligente e buone prove del cast. Quello che un universo condiviso dovrebbe essere, e a cui la Marvel ci aveva abituati. Che sia un buon auspicio in vista de “I Fantastici 4: Gli inizi” e i prossimi Avengers? Incrociamo le dita.