The last duel

Da una parte il biondo cavaliere su un destriero bianco. Dall'altra un bruno scudiero in sella a un cavallo nero. Da una parte un uomo rozzo, dall'altra uno acculturato. Sembra il più classico dei duelli tra uomini agli antipodi, ma questa volta i duellanti di Ridley Scott non sono soli. In mezzo ai due contendenti c'è una donna che regala nuove sfumature a un film intero. Ecco “The last duel”, la nuova fatica di un regista in crisi d'ispirazione da troppo tempo, finalmente tornato in grande spolvero. Tratto dall'omonimo libro di Eric Jager (esperto di storia medievale) e ispirato a una storia vera, “The Last Duel” riporta Ridley Scott dalle parti del tradimento, della vendetta e del presunto onore ferito. Così come nel suo folgorante esordio “I duellanti”, la grande Storia rimane sullo sfondo per lasciare spazio a una storia più intima, a un evento che spacca in due una coppia di vecchi amici e una di amanti. Nel mezzo ritroviamo finalmente un regista ancora in forma, capace di legare il grande spettacolo del cinema epico alla profondità di un dramma ancora attualissimo.
XIV secolo. Inghilterra e Francia si danno battaglia su più fronti. Il conflitto crea tensioni anche nelle terre francesi dove ogni contea cerca di resistere a fatica alla piaga della guerra, della peste e della carestia. Qui si distingue il coraggioso Jean De Carrouges, combattivo cavaliere di un casato in cerca di eredi. Sposerà Marguerite de Thibouville, non solo per la nobile dote che l'accompagna, perché folgorato dalla bellezza di una donna carismatica. Tornato da una sanguinosa campagna in Scozia, Jean scopre che il suo vecchio amico Jaques Le Gris ha violentato sua moglie. La donna trova il coraggio per denunciare la cosa, e spingerà suo marito a richiedere al re di Francia Carlo VI un Duello di Dio, ovvero un combattimento giudiziario in cui è la morte a decretare la verità divina. Tre personaggi per tre punti di vista sullo stesso fatto. Accadeva nel romanzo e continua a essere così anche nel film, scritto a sei mani da Matt Damon, Ben Affleck e Nicole Holofcner. Damon si è dedicato alla prospettiva del suo personaggio (Jean), Affleck a quello di Jaques, Holofcner a quello di Marguerite. Una scelta inevitabile, forse l'unica possibile per restituire la complessità di un racconto dedicato proprio alle prospettive. Nonostante un inizio spaesante, che fatica leggermente a legare tutti i personaggi in modo armonioso, la sceneggiatura cresce alla distanza, sino a imporsi come fregio del film.
Lontano dalla semplificazione del bianco contro nero, “The Last Duel” è una storia di sfumature, che non impone mai una sola verità. Anzi, questo duello a tre non fa altro che eleggere un solo grande vincitore: la percezione della realtà che sconfigge la realtà stessa. Modi diversi di sentire le cose, vedere il mondo e di conseguenza raccontarle agli altri. Guidato da una sceneggiatura ricca di piccole ma sostanziali divergenze nella ricostruzione dei fatti, Scott è ispirato nel mettere in scena queste differenze con tocchi di regia poco vistosi ma decisivi: gesti, espressioni, inquadrature in grado di restituire l'interiorità di tre persone alle prese con le proprie miserie.
In un'epoca falcidiata dalla guerra, il film evita il grande respiro epico e chiude tutti i suoi personaggi tra le mura di castelli e grandi stanze del potere. Scott abbraccia questa impostazione quasi teatrale della narrazione, tutta basata su dialoghi affilati, sguardi e intonazioni, e regala solo sprazzi di battaglie campali. Sono momenti di grande spettacolo visivo, in cui emerge tutta la cruda brutalità di un Medioevo sporco e realistico. Una brutalità fisica che dentro il triangolo composto da Jaques, Jean e Marguerite diventa una violenza psicologica sottile. Merito di un cast affiatato, in cui emergono un Matt Damon duro, un Adam Driver enigmatico e soprattutto lo sguardo fiero, fragile e forte di un'eccezionale Jodie Cormer. Sono loro a fare di “The Last Duel” un continuo scontro dialettico, in cui le intenzioni dei personaggi emergono in modo sottile. Nonostante Scott ci regali uno dei duelli all'arma bianca più potenti e animaleschi degli ultimi anni, quello che ci ha colpito di questo triello medievale è la sua atroce attualità. Di quel mai troppo lontano Trecento possiamo ancora toccare l'ego smisurato degli uomini, la totale assenza di empatia degli esseri umani e le urla di donne che faticano a farsi sentire e credere. La potenza del film non è solo nel fragoroso scontro di spade, ma nel mostrarci che per certi versi siamo ancora immersi nel fango del Medioevo.